Cos’è la psicologia?
Veramente?
Volete sapere in cosa consiste la psicologia e cosa fa effettivamente uno psicologo?
Fate i seri, voi non volete saperlo davvero! Non scherzate. Non ci credo!
… Beh se proprio insistete, però la responsabilità è vostra, l’avete voluto voi.
Ok, facciamo così, io vi racconto alcuni aneddoti sulla psicologia e dintorni, e poi, se a quel punto la vostra idea resta ancora la stessa, vi spiego tutto… o quasi.
Un giorno un mio amico mi ferma per strada e mi dice “d’emblèe”:
- caro il mio “pisicologo” mi devi aiutare, ho un grave problema.
Sorpreso di questa richiesta fattami proprio da lui, cinico essere miscredente, gli rispondo cortesemente:
- dimmi, sono tutt’orecchi.
E LUI.
-Soffro di claustrofobia. Non ce la faccio più. Mi devi aiutare, ti prego.
ED IO Ancora più incredulo, ma speranzoso di un miracolo, gli chiedo:
-Senza offesa ma sai cosa significa claustrofobia?
- E come no! È la paura degli spazi chiusi.
- Bravo. E da quando soffri di claustrofobia?
- Da ieri sera.
- Ah, una cosa recente allora.
- Si, recentissima. Mi puoi aiutare.
- Un attimo. Raccontami cos’è successo ieri.
- Ma niente di particolare. Non so cosa c’entra questo.
- Tu racconta. Fammi fare il mio lavoro.
- Ok. In breve, stavo andando al mio pub preferito per bere qualche bicchiere di birra con gli amici.
- Si, ok, e poi?
- Beh, mentre stavo andando al pub… mi è venuta una tremenda paura di trovarlo chiuso.
- Ma vaff……
Il mio amico è uno stronzo, questo è sicuro, però sa come prendermi in castagna specie quando mi prendo troppo sul serio e faccio la parte dello psicologo serio e interessato. Lui lo sa e non perde occasione per ricordarmelo. Una sera, stavamo cenando insieme ad altri amici, notai che era più taciturno del solito, intento ad ascoltare, cosa non abituale per lui. Mi avevano chiesto alcune informazioni in relazione ai disturbi alimentari, preoccupanti per una serie di motivi. All’improvviso si alza e con il bicchiere in mano:
“Signore e signori, stasera ho finalmente capito cos’è il disturbo alimentare.”
Mi metto le mani in faccia, giustamente preoccupato e in allerta. Gli amici gli rivolgono in coro la domanda:
“Cosa?”
E lui, con un ghigno malefico, contento come un bambino che ha messo le mani sulla marmellata:
“Sono quelli che puntualmente ti telefonano mentre stai mangiando.”
Potete immaginare il seguito.
Comunque, una cosa è vera, la psicologia, come del resto molte altre professioni, ha bisogno di ironia, di quella semplice, fresca, immediata e non meditata.
Nello straordinario libro “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”, un vero percorso per l’autoconsapevolezza e il decondizionamento, l’autore, Antony De Mello, racconta una storiella niente male su come spesso siamo fortemente influenzati dal nostro modo di vedere le cose e gli altri, tanto da trasformare la realtà e vederne un’altra, così reale da essere condivisa e accettata acriticamente.
Come diceva il grande Giorgio Gaber in un suo pezzo storico (C’è un’aria):
“Lasciatemi col gusto dell’assenza
lasciatemi da solo con la mia esistenza
che se mi raccontate
la mia vita di ogni giorno
finisce che non credo neanche
a ciò che ho intorno.”
Ma torniamo a De Mello che scrive:
“C'è una storiella che parla del piccolo Johnny, che si diceva fosse ritardato mentale. Evidentemente però non lo era, come risulterà evidente dalla storiella. Johnny va alla lezione di attività manuali nella sua scuola speciale, riceve il suo pezzo di creta e si mette a modellarlo. Poi ne stacca un pezzetto, va in un angolo della stanza e si mette a giocare con esso.
L'insegnante gli si avvicina e gli dice: "Ciao, Johnny".
E Johnny: "Ciao".
L'insegnante chiede: "Cos'è quello che hai in mano?".
E Johnny risponde: "E' un pezzo di sterco di mucca".
L'insegnante chiede ancora: "E cosa stai modellando?".
Il ragazzino risponde: "Sto facendo un'insegnante".
L'insegnante pensa: "Il piccolo Johnny è regredito".
Quindi chiama il preside, che sta passando davanti alla porta dell'aula in quel momento, e gli dice: "Johnny è regredito".
Così il preside si avvicina a Johnny e gli dice: "Ciao, figliolo".
E Johnny: "Ciao".
Il preside chiede: "Cos'hai in mano?".
E lui: "Un pezzo di sterco di mucca"."E cosa stai modellando?".
E il ragazzo: "Un preside".
Il preside ritiene che sia un caso da far esaminare allo psicologo della scuola. "Mandate a chiamare lo psicologo!".
Lo psicologo è un tipo in gamba. Si avvicina e dice: "Ciao".
E Johnny risponde: "Ciao".
Lo psicologo dice: "Io lo so cos'hai in mano".
"Cosa?".
"Un pezzo di sterco di mucca".
Johnny dice: "Giusto".
"E so anche cosa stai modellando".
"Cosa?".
"Uno psicologo".
"Sbagliato. Non ho abbastanza sterco di mucca!".
Ritardato mentale a chi!?
Ogni volta che leggo questa storia mi diverto un casino, mi riconcilio con il mondo e soprattutto con me stesso perché smetto di prendermi troppo sul serio, con la mia “professionalità” acquisita con tanti anni di studio, fatta di tecniche e categorie per muovermi meglio nei labirinti mentali degli altri, con la presunzione di sapere.
Alla fine ho imparato una cosa semplicissima, che devo disimparare per poter vedere veramente chi mi sta di fronte, senza pregiudizi. Se non sbaglio era Picasso che affermava: “A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.”
Forse ci divertiamo di più da bambini ridendo senza motivo, almeno apparente.
Dott. Rocco Luigi Gliro
Psicologo Psicoterapeuta Matera
Psicologo Psicoterapeuta a Matera
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